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La Ninna Nanna di Aletheia

Ti guarda dormire.
Occhi affamati,
non per possesso,
ma per i sospiri
che lei ha cucito
in silenzio.

Non le importa
di essere amata
per il miele che versa,
ma per la goccia
trattenuta,
la parola
che non passa le labbra.

E se un giorno
nel sonno l’avverti,
non mormorare
senti.

Apri le mani,
lascia che lei
ti riconosca dal cuore.

E forse
soltanto per un respiro
Aletheia smetterà di guarire,
per sentire
senza consolare
dolce confessare.



Aletheia è una parola greca che significa “verità”, ma non nel senso moderno di una certezza assoluta o di un fatto oggettivo. Nell'antica Grecia, indicava piuttosto lo svelamento: togliere il velo alle cose per mostrarle nella loro essenza più profonda. Non si trattava di imporre una verità, ma di farla emergere, spesso in silenzio, nel tempo. In alcune letture filosofiche e poetiche, Aletheia diventa una figura femminile simbolica: la verità nuda che non forza, non espone, ma resta presente, e si rivela solo a chi è pronto ad accoglierla.

In questa poesia è ritratta come una presenza vigile e affettuosa, che osserva senza chiedere nulla in cambio. È una figura che offre amore non nel dare, ma nel trattenere: la goccia che non scende, la parola che resta sulle labbra, l’affetto che non si mostra apertamente, ma che arde sotto la pelle. Il suo amore non è spettacolare: è fatto di cura invisibile.

Questa “ninna nanna” è un invito all’ascolto silenzioso e alla fiducia nell’impercettibile. La verità non entra con la voce, ma con la presenza e il cuore aperto. Solo così Aletheia può “smettere di guarire”, cioè smettere di essere quella che aggiusta, consola, rimette insieme e finalmente concedersi il gesto umano e fragile del sentire, senza dover essere forte.

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