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Brivido Umido
L’asfalto
sudava nervi
il cielo
abbraccio opaco.
Filo vivo nel gelo
sfrigolava nell’aria
scintilla
urlo metallico.
Non c’era bussola
solo istinto
fame di un posto sicuro.
Tornavo
non per fede
ma piacere primitivo
di saper ancora
dove andare.
Questa è la storia del signor Primo. Già il nome portava un certo peso, come se qualcuno gli avesse affidato un inizio da sostenere, che però non corrispondeva a quel fondo di malinconia che gli scivolava dagli occhi. È stato davvero il primo di sei fratelli, nato a Roma 91 anni fa. L’ho conosciuto al solito bar di quartiere, tra risate e chiacchiere leggere. Lui cercava ombra, io avevo una sedia libera. L’ho invitato a sedersi e da lì la sua vita ha cominciato a parlarmi. Mi ha raccontato di guerre, di partenze, del lavoro alle Poste a Milano, di una città che lo gelava fino al midollo. “Non si vedeva nulla”, mi ha detto, “solo smog e nebbia fitta.”
E poi quella frase, quella che mi si è attaccata addosso: “Ero perso, ma le scintille dei fili del tram mi guidavano.”
Ma sembrava volesse dirmi altro. Che anche quando non vedi niente, anche quando sei nel pieno della nebbia, una scintilla, un suono, un istinto può bastare a farti tornare a “casa”.
E così mi ha lasciato qualcosa: un pensiero, una poesia, un segno, come se fosse venuto a ricordarmi che anche nel torpore si può avanzare, se segui ciò che vibra.